Commento al vangelo del 13 novembre 2018
Luca 17, 7-10
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”. Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
La condizione del servo è quella di eseguire gli ordini e, dopo aver fatto tutto secondo gli ordini ricevuti, il servo non riceve l’onorificenza ma un nuovo ordine di servizio per il giorno dopo. Se non vogliamo più essere servi, dobbiamo dare un senso all’inutilità. Si racconta che un giorno, un buon artigiano, esperto falegname, viene chiamato da un Grande Architetto a prestare la sua manodopera per la costruzione di una Grande Barca. Una volta terminato il lavoro, il Committente ringrazia l’Architetto e, mentre sta per firmare l’assegno e onorare la parcella per il lavoro svolto, alza la testa e lo osserva andare in cerca del falegname per presentarlo al Padrone. Dinanzi al Padrone, il falegname ad alta voce esclama: “Architetto, io ho eseguito solo le direttive, ma senza di voi non avrei mai potuto realizzare questo capolavoro.” Da quel giorno i due divennero amici. E tutte le volte in cui aveva l’incarico di realizzare un’opera, l’Architetto si accertava che i lavori fossero eseguiti da quell’artigiano. Se quel falegname non avesse con umiltà ammesso di essere solo un servo “inutile”, non avrebbe più lavorato.
Spesso, da servi, ci battiamo per avere riconoscenza, ma se ammettiamo di essere servi che fanno solo ciò che ci viene chiesto, senza aspettarci nulla in cambio, la riconoscenza sarà più grande.
Infatti il Grande Architetto un giorno ci dirà: “non ti chiamo più servo, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone. Ma ti chiamo amico […] E io do la vita per i miei amici”. (Gv 15, 15ss)
Vi auguro una buona giornata, da servo inutile, don Fabio.